di Luigi Ciavarella
La scomparsa dell’artista e poeta sammarchese FILIPPO PIRRO ha lasciato un vuoto che difficilmente verrà colmato. E’ stato uno dei maggiori protagonisti della cultura cittadina e dell’intero mezzogiorno. Aveva 69 anni.
Non conoscevo Filippo Pirro di persona prima che il grande artista non assumesse la decisione di aggiungere alla sua ricerca intellettuale ed artistica anche quella poetica. Il passaggio avvenne nel 1983 con la pubblicazione di un volumetto di liriche dal titolo “La casa del bosco” presso le edizioni la “Vallisa” allora di proprietà del poeta e critico letterario Daniele Giancane, con una prefazione autorevole di Joseph Tusiani.
Erano quelli gli anni in cui si respirava in paese un’aria nuova, direi inconsueta. Sul fronte della cultura vi erano sorte alcune iniziative di carattere non soltanto letterarie ma anche musicali, artistiche e ciò faceva ben sperare per il futuro. Tra le altre, come ho già scritto in passato, molte erano promosse dall’Avis, allora guidata dal suo presidente Antonio Guida e da un gruppo di giovani molto attivi, in quel vicoletto che si apre sul fianco destro della chiesa di sant’Antonio Abate. Ma fu l’intero paese, per qualche buona ragione, a respirare un generale risveglio riscontrabile in tante azioni. Un senso di novità che non tardò però ad affievolirsi poiché evidentemente nei novanta qualcosa di nuovo vi subentrò interrompendo ogni continuità col passato.
In questo clima di attivismo contagioso Filippo Pirro decide di pubblicare le sue poesie raccogliendo i suoi testi sparsi, scritti a partire dal 1969, in un volumetto affidandoli ad una piccola collana editoriale di Bari: “La Vallisa” (mi pare fosse un angolo della Bari vecchia). Daniele Giancane, che allora si occupava oltre che di poesia anche di letteratura per l’infanzia all’università di Bari, – e di cui eravamo molto amici -, aveva costituito da poco tempo questo nuovo progetto editoriale che significò per lui un evidente segno di rottura col passato militante avuto con il “Gruppo Interventi Culturali” che, come altri in quel tempo, sia nel sud che in tutta la nazione, svolgeva un ruolo alternativo al cosiddetto “sistema editoriale”. Con La Vallisa che “operava più sul linguaggio che l’azione poetica”, più estetica e meno ideologia, la parola poetica tornava ad avere una sua centralità creativa, intima e personale, accogliendo nel proprio alveare tutti quelle voci che, come Filippo Pirro, avevano instaurato un rapporto armonico e privilegiato con la scrittura poetica. Una purezza quasi bucolica la si poteva cogliere nei tanti versi espressi dai poeti presenti nella Collana: Tina Paccellieri, Franco Mastrogiacomo, Nico Mori, Angela De Leo, Gilda Giuliani, Rino Bizzarro, etc., che io quasi tutti recensivo sulle pagine dell’omonima rivista quadrimestrale. Rino Bizzarro, che era principalmente un attore e scrittore teatrale (sua la “scoperta” della maschera pugliese, tale Don Pancrazio Cucuzziello) oltre che autore di testi poetici, ho avuto persino il privilegio di incontrarlo una mattina nella sua casa a Bari (complice Matteo Coco) un attimo prima di recarmi all’università per sottoporre una intervista a Daniele Giancane (pubblicata poi su un periodico di San Giovanni Rotondo). Il personaggio era noto sopratutto negli ambienti culturali pugliesi per aver pubblicato un testo teatrale dal titolo “Totò stai qua?” e, fatto curioso, anche un libricino (“poesie ed altre minuzie”) dalle dimensioni “microscopiche”.
La notizia che l’artista Filippo Pirro avesse pubblicato un libro di poesie non mi sorprese affatto, anzi lo trovavo un naturale proseguimente della sua natura d’intellettuale. Un altro tassello che si aggiungeva alle sue urgenze comunicative. D’altra parte osservando le sue opere non era poi tanto difficile cogliere subito, anche per un profano come me, questa sua sensibilità d’artista nei confronti della poesia. Infatti quando mi comunicò di aver pronto un’opera poetica inedita non ci fu da parte alcun stupore anzi gli suggerii subito di rivolgersi a Daniele Giancane, con il quale in quel momento, come già detto, intrattenevo un rapporto d’amicizia.
“La casa del bosco” fu pubblicata nel 1982 e Joseph Tusiani nella prefazione sottolinea, come era facile intuire, questo “trasferimento” dall’affresco alla rima, senza che questo transito abbia minimamente influito a cambiare la sua visione del mondo. Anzi possiamo dire che Filippo Pirro è stato un sognatore che ha inseguito ogni percezione possibile, ogni alito con ogni mezzo capace di condurlo all’appagamento emotivo. La poesia semmai gli ha dato un altra opportunità, dopo l’arte o in continuità con l’arte, per continuare a descrivere i suoi ideali in altro modo, per completare forse quel quadro che i soli colori non bastavano più. Servivano anche le parole e lui non ha saputo resistere al loro richiamo.
Insomma due forme d’arte complementare “trasferite verso un identico ideale o sogno artistico…”(Tusiani) in un grumo poetico altamente lirico che richiama spesso la sua militanza nel mondo dell’arte senza più ormai distinzione di ruoli.
La sua poesia otterrà molti premi nelle varie edizioni letterarie sparse per tutta l’Italia dove lui vi ha partecipato (uno in particolare, il “Premio Varano”, l’ho ritirato io al suo posto perché lui era assente, elaborando anche un pezzo uscito poi per “Gargano Nuovo” di Vico del Gargano, dove paragonavo Filippo a Cristanziano Serricchio) nel corso degli anni e trovo del tutto ovvio che un poeta e artista della sua statura riesca poi a creare quel luogo incantato che ogni poeta sogna, “Il sentiero dell’anima” in cui si ripercorrono tracciati dove “… gruppi monumentali, statue in tecnica mista su basamenti di pietra, e, dipinti, sia in affresco che in murales….” fanno bella mostra nelle loro geometrie perfette e i loro silenzi ancestrali, quasi a dimostrazione dell’azione salutare dell’arte, in stretto rapporto con la natura circostante, che diventa a questo punto il centro del mondo nella sua sintesi più congeniale.
Arte e poesia come impegno di vita e come ricerca interiore: possono essere questi i basilari segni d’inizio di un dibattito intorno all’Arte e l’Opera di Filippo Pirro. Quei personaggi di pietra : contadini, emigranti, che hanno popolato e raccontato il suo e nostro immaginario sono li a testimoniare quando sia stata grande la sua sensibilità di artista e quale grave perdita abbia subito la nostra cultura meridionale.
Oggi a distanza di nove anni dalla sua scomparsa rimangono ancora tra noi i segni del suo respiro universale, il suo impegno poetico e sopratutto quel luogo incantato che è “Il Sentiero dell’Anima”, (dove annualmente si celebra un famoso concorso di poesie ) in mezzo al bosco “Pozzatina” sulla strada per Sannicandro Garganico, che i suoi eredi, con ammirevole trasporto, custodiscono come scrigno prezioso nell’infinita natura dove Filippo Pirro ha voluto che nascesse e sviluppasse le sue radici.