Trichinosi, salgono a 10 i casi a San Marco in Lamis
Allarme trichinosi, dopo che a San Marco in Lamis sono stati segnalati dieci casi di trichinella nell’uomo. Ma le persone a cui è stata riscontrata l’infezione, in un primo momento ricoverate all’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo, sono tornate già a casa e stanno abbastanza bene. Dopo la segnalazione dei casi di trichinosi dell’uomo il servizio veterinario di igiene degli alimenti di origine animale dell’Asl di Foggia ha avviato una capillare attività di controllo e verifica dei prodotti alimentari con sospetta infestazione da trichinella.
Smentito con fermezza dagli interessati il consumo di carne di cinghiale durante un banchetto. Al contrario, l’infezione sarebbe stata contratta da carne di maiale acquistata in una nota macelleria del posto.
L’ Asl Foggia invita chi pratica attività venatoria a chiamare i servizi veterinari ai numeri 338.9539262 e 333.4929127 per indicare dove viene custodita la carcassa del cinghiale, per poter procedere all’ispezione sanitaria ed al relativo prelievo di muscolo per l’esame trichicoscopico (che è gratuito). Inoltre, chi intende macellare i suini a domicilio per uso familiare deve comunicare preventivamente al servizio veterinario di area B – ai numeri 338.9539262 e 333.4929127 – il luogo ed il giorno della macellazione. Sarà cura del medico veterinario – fa sapere la Asl – indicare la corretta procedura da eseguire e l’orario dell’intervento.
Cos’è la trichinella
La trichinella si diffonde soprattutto nelle specie carnivore ed onnivore (lupo, cinghiale, volpe, tasso, cane, gatto, uomo). Il parassita resiste a lungo nelle carni in putrefazione e, quando in natura il tessuto muscolare viene ingerito da altro animale (volpe, lupo, cinghiale, maiale, etc.), il ciclo riprende.
L’uomo si ammala esclusivamente per via alimentare attraverso il consumo di carne cruda o non sufficientemente cotta, contenente larve del parassita.
Il periodo di incubazione nell’uomo è generalmente tra gli 8 e i 15 giorni ma può variare tra i 5 e i 45 giorni, a seconda della quantità di parassiti ingeriti.
La sintomatologia classica nel 40% dei casi è caratterizzata da: diarrea; dolori muscolari; sindrome simil-reumatica; debolezza; edemi alle palpebre; fotofobia e febbre.
Il parassita è in grado di resistere, per un mese, al congelamento a -15 C° ma viene inattivato nel momento in cui la temperatura di cottura nel cuore delle carni raggiunge i 70 C° per almeno 4 minuti.
La preparazione di salumi e salsicce è a rischio se la carne non viene preventivamente sottoposta ad esame trichinoscopico: essiccatura, salatura e affumicamento non assicurano la morte dei parassiti.
Per evitare pericoli per l’uomo e il diffondersi della malattia è necessario: sottoporre tutti i maiali macellati a domicilio per uso familiare e tutti i cinghiali abbattuti durante la caccia, alla visita e al controllo delle carni da parte del Servizio Veterinario di Igiene degli Alimenti di Origine Animale (Area B), così come previsto da legge; segnalare al Servizio Veterinario Area C la presenza di carcasse di animali morti nei boschi (in particolare, volpi e lupi); non abbandonare visceri e carcasse di cinghiali nell’ambiente (poiché se infestate da trichinella, come indicato precedentemente, potrebbero perpetuare il ciclo tra gli animali selvatici).