di Raffaele FINO
Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un articolo di giornale che parlava del “premio Giovanni Scarale 2024”, organizzato, a San Giovanni Rotondo, dal Circolo Auser di San Marco in Lamis. Oltre alle utili informazioni sul premio stesso, si riportavano, del professore Giovanni Scarale, brevi cenni biografici in cui si tratteggiavano alcuni aspetti salienti dell’uomo di cultura (insegnò, stimato professore, tra l’altro, nel nostro Liceo Classico) e dell’uomo politico, impegnato ad affrontare, soprattutto come presidente dell’allora USL FG3, problematiche legate ai servizi dell’assistenza sanitaria. Tra queste notizie c’era quella che completò l’ospedale Umberto I di San Marco in Lamis.
Per dovere di cronaca, a questo proposito, vanno fatte alcune precisazioni.
Tutta la pratica relativa al completamento del nostro ospedale fu avviata e portata a termine, nella prima metà degli anni ottanta, dall’amministrazione guidata da Giuseppe Soccio.
Era il periodo successivo all’approvazione della legge 833/78 che aveva istituito il Servizio Sanitario Nazionale. Si navigava ancora nell’incertezza in attesa delle deleghe di trasferimento alle regioni. I finanziamenti statali, tramite mutui da contrarre con la Cassa Depositi e Prestiti, in materia di immobili destinati al servizio sanitario, erano bloccati.
In questo contesto il preside Antonio Cera, capogruppo PCI in consiglio comunale e l’avv. Costantino Grana, assessore, si recarono a Roma, presso la Cassa Depositi e Prestiti per incontrare alcuni funzionari al fine di sbloccare la situazione e ottenere i finanziamenti necessari al completamento dell’ospedale.
I funzionari confermarono l’impossibilità di ottenere la copertura del mutuo da parte della Cassa Depositi e Prestiti, ma allo stesso tempo, suggerirono che era possibile ottenerla dagli istituti di credito privato e da quelli assicurativi, in particolare dall’INA (Istituto Nazionale di Assicurazione).
A quel tempo sedeva nel consiglio di amministrazione dell’INA il senatore socialista Guido Campopiano di Termoli. Tramite il prof. Domenico Galante, vicesindaco socialista, concordammo un incontro con il senatore a Termoli. Andammo ad incontrarlo lo scrivente, Domenico Galante e Tonino Cera. Ci diede, quindi, appuntamento a Roma presso l’INA.
A Roma si recarono Tonino Cera e Domenico Galante, che, grazie al fattivo intervento del senatore Campopiano, sbrogliarono la matassa. Successivamente la pratica fu perfezionata, anche con il contributo della Regione Puglia (assessore Sorice).
Alla firma del contratto (sempre a Roma, presso un notaio di cui mi sfugge il nome), oltre al Sindaco Soccio e Tonino Soccio del Banco di Napoli, tesoriere del Comune, erano anche presenti Tonino Cera, Domenico Galante ed Emanuele Centola, che, pur sedendo tra i banchi della minoranza, coinvolto fin dall’inizio, aveva data un contributo fattivo alla risoluzione del problema.
Il tesoriere, successivamente, poté così emettere il relativo assegno di 800 milioni di vecchie lire che portai a Roma, approfittando di una manifestazione ivi organizzata e a cui partecipavo con altri compagni della sezione senza spendere, così, nemmeno una lira per missione.
E l’ospedale venne completato.
Altri tempi.