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Matteo Coco, un amico “della strada”

di Mario Ciro CIAVARELLA AURELIO

Quando “La Strada” era un mondo, dentro altri mondi come Le Famiglie. Microcosmi che interagivano: la strada che idealmente entrava in tutte le case di quella via. Un unicum che collegava menti e corpi di decine di persone, facenti parte di gruppi famigliari diversi. E ci si incontrava, uscendo dalla propria abitazione. Un’interazione umana che ormai non c’è più.

Matteo Coco ci ha preceduti Altrove. Abbiamo abitato per tanti anni in via Cavour (la strada di Veccione), dove giocando e crescendo in una via molto accogliente, mi ha convinto, da piccolo, a tifare per l’Inter. Spiegandomi che Mazzola e Boninsegna erano più forti di Rivera e di tutto il resto del Milan. Spesso io e mia sorella venivamo invitati a trascorrere i giorni di festa come il Natale in casa Coco (jinte lu caforchie), dove la numerosa famiglia ci accoglieva.

E a fianco (sotta l’arche) c’era un’altra famiglia altrettanto numerosa e simpatica, quella dei Canzio. Un altro strato urbano “della strada”, che emanava umanità e confidenze ormai sparite dal DNA umano.

“La strada de Viccione” condivisa con Matteo Coco mi è servita per capire meglio il mondo, che si apriva, prima come ragazzino e poi come un giovane, davanti a me. Parliamo di alcuni decenni fa, quando la società era completamente diversa, più vera, con zero steccati tra una famiglia ed un’altra.

È stato anche un ottimo dirigente politico e sportivo. Quando la politica e lo sport avevano delle maglie difficilmente sostituibili con altre: attaccamento agli ideali. Anche questo è stato Matteo Coco, un elemento della comunità sammarchese che molti non dimenticheranno.

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