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Giuda Iscariota, le “Metamorfosi” letterarie del tradimento nello studio di Itala Tambasco

di Tonino DANIELE (nel riquadro della foto-copertina)

È questo il tempo. A conclusione dell’itinerario quaresimale e prima del Triduo Pasquale, i Vangeli ci racconteranno di quel bacio e del suo tradimento. Ma anche della sua sentenza di condanna solo apparentemente inappellabile e definitiva: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!» (Matteo, 26, 23 – 24).

Itala Tambasco, docente di letteratura italiana presso l’Università di Foggia, ha anticipato i tempi con il suo Giuda Iscariota. Metamorfosi letterarie di un personaggio biblico (La scuola di Pitagora editrice), offrendoci, «in modo argomentato, ogni riscontro soprattutto artistico-letterario, narrativo e rappresentativo, del percorso del personaggio antonomasticamente identificato nella figura del Traditore», come ci ricorda Rino Caputo, storico e critico della Letteratura, nella prefazione al testo.

Al vaglio della studiosa una sequenza ragionata (e ricca di riferimenti), dall’epoca medievale ai nostri giorni, di opere che hanno “(re)interpretato” il personaggio ed il suo tradimento, ricordandoci, fin dall’introduzione, quanto scriveva Søren Kierkegaard nel suo Diario: «Per penetrare a fondo il Cristianesimo di un’epoca basta vedere com’essa concepisce Giuda».

Basta scorgere l’indice per accorgersi del pregio dell’opera, strumento indispensabile per quanti hanno avuto (o avranno) l’ardire e il coraggio di “parlare di Giuda e del suo tradimento” e, magari, provare a chiederne l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”, mancando uno degli elementi oggettivi del reato: il rapporto di causalità.

L’indagine parte da San Brandano e dalla sua Navigatio. Il santo irlandese incontra il traditore sopra una roccia battuta dalle onde, in mezzo al mare, dove trascorre periodi di ristoro dal tormento delle pene infernali e dove gli spiega che le molteplici sofferenze aggravate dagli scherni e dai morsi dei diavoli, vengono interrotte solo la domenica, da vespro a vespro e in occasione delle feste liturgiche più importanti.

L’Autrice evidenzia la magnanimità del santo, tale da intercedere per Giuda affinché possa prolungare la sospensione dei tormenti e ottenere l’estensione della sua permanenza in superficie fino al mattino seguente.

Il punto d’arrivo dell’indagine è una piacevole sorpresa: il lascito narrativo del poeta italoamericano Joseph Tusiani che ha dedicato ben tre opere allo sforzo di riscattare il personaggio neotestamentario e conservato in «quell’autentica e ancora pressoché sconosciuta miniera del Novecento letterario e artistico – culturale che è il Fondo» del Prof. Motta, come evidenzia ancora Caputo nella prefazione.

L’Autrice dedica a Tusiani un intero capitolo nel quale ricorda – tra l’altro – le parole che il poeta mette sulla labbra delle madri, addolorate entrambe, che cito espressamente:

 

Madre di Giuda. (Cadendo ai piedi della Vergine)

Madre pietosa, cuore addolorato,

[…]

Diglielo tu con parole leggiadre;

Se tu lo preghi pel donato latte,

Tutte le grazie a te saranno fatte

[…]

Buona Maria di Nazaret, ascolta

La prece d’una madre. Ecco ti bacio

I piedi, al lembo della veste tua

Ecco m’appiglio e non li lascerò.

 

La Vergine

Figlio di mamma afflitta,

Figlio gentile e caro.

È un pianto triste, amaro,

quello che senti tu.

[…]

Ora pietoso il ciglio

Volgi all’ingrato e tristo;

Mostra che il cuor di Cristo

È immenso più del mar.

 

Cristo

Madre, dolente Madre,

Il tuo voler si faccia:

Il core mio non scaccia

Chi corre in pianto a te.

(Alla madre di Giuda)

E tu vattene in pace,

Volgi alla gioia il viso:

Quest’oggi in Paradiso

Meco Giuda sarà.

Nel mezzo, l’Autrice non dimentica la querelle letteraria tra Dante e Boccaccio, tra l’intransigenza del primo e le perplessità del secondo, e la sequenza ottocentesca, da Pea ad Andreev, da Donaudy a Mastrostefano, fino a Soldati.

Il rigore scientifico obbliga Tambasco a non prendere le parti di nessuno, a non privilegiare nessuna tesi, avvertendoci dei risultati solo parziali della sua ricerca e del proponimento di cominciare a colmare un vuoto ermeneutico.

Dal canto mio, non posso che ringraziarla pubblicamente per il confronto avuto con Lei in alcune occasioni nelle quali, sciolto da ogni vicolo, se non quello della mia coscienza, ricordavo che Giuda rimane un mistero che non possiamo non affidare al Mistero, perché ciò che è perfettamente evidente a Dio, sfortunatamente è spesso misterioso e invisibile per le sue imperfette creature.

Dimenticavo l’esergo che avevo promesso all’Autrice: «Tu che a noi grandi colpevoli/ la presenza tua non vieti/ e sollevi nell’Eterno/ i contriti meritevoli,/ anche a questa pura anima/ che cedé una volta sola,/ che non seppe di mancare,/ degna porgere il perdono.» (Johann Wolfgang Goethe, Faust, 12061 – 12068).

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