Una foto, una storia: Disco Inferno

Purtroppo il titolo del presente articolo non si riferisce all’album dei “Trammps” del 1976, con tipiche musiche da discoteca di quegli anni. Ma all’inferno che il nostro Paese subì sempre in quel periodo per colpa del terrorismo. Rosso e nero. Di entrambe le fazioni.

Gli attentati terroristici erano all’ordine del giorno: morivano sistematicamente, carabinieri, poliziotti, magistrati, sindacalisti e anche giovani politici schierati sia a Destra che a Sinistra. Era una piccola guerra civile tra le fazioni politiche che non governavano, cercando di destabilizzare il Paese.

E in mezzo a questa follia che durò quasi un ventennio (Mussolini non c’entra…) ci scapparono anche parecchi morti innocenti, che si ritrovarono tra il fuoco incrociato di terroristi che non guardavano in faccia a nessuno. Una delle tante vittime di questo pazzo modo “di fare politica”, è stato Roberto Crescenzio, 22 anni, un giovane torinese che si trovò nel “posto sbagliato”: nel bar “Angelo Azzurro”, dove sarebbero stati in riunione alcuni simpatizzanti del MSI. È il primo Ottobre del 1977. 

All’interno del bar c’è Roberto Crescenzio con un amico, quando improvvisamente parte un assalto da parte di alcuni esponenti della sinistra estremista. All’interno del bar vengono buttate delle molotov che immediatamente prendono fuoco. Roberto cerca rifugio chiudendosi nel bagno ma d’improvviso l’incendio divampa verso di lui divorando la moquette. Il giovane è in trappola e in un disperato tentativo di salvezza apre la porta e attraversa un vero e proprio muro di fuoco, attraversando le fiamme verso l’uscita. Ma diventa una torcia umana.   

Nella foto lo vediamo seduto dopo essere stato soccorso da alcuni passanti: senza indumenti e senza scarpe. Ha il 90% del corpo ustionato. Morirà dopo due giorni d’agonia.

Abbiamo appena descritto l’inferno che c’era in Italia all’epoca. E il disco dov’è? Il disco è sotto quella foto: l’immagine del ragazzo ustionato è stata usata da un complesso musicale svedese, i “Leather Nun” che pubblicò un EP (un album con quattro canzoni) dal titolo «Slow Death» (1979). Una delle tante foto-copertina che alcuni decenni fa venivano usate dai gruppi metal per attirare l’attenzione su questo genere musicale. Spesso si usa così: si compongono delle copertine per dischi per scioccare il pubblico, il metal è quasi sempre associato alla morte e alla violenza.

Al non senso della vita, a condizioni estreme dell’essere umano. Anche altri gruppi come “Mayhem” e “Brujeria” idearono copertine mettendoci sopra foto di cadaveri (veri). Un inferno sottoforma di musica. Anche la vita a volte è un inferno sottoforma non di musica, ma di casualità, di nonsense, e di tutto ciò che componiamo musicalmente parlando, mettendo note musicali una dietro l’altra, alla fine possiamo avere una melodia oppure un ritmo metal.

Come quelli che battono forte su una batteria, per scandire l’orrore e la violenza che solo gli uomini sanno generare: vedesi copertina del disco.

Mario Ciro CIAVARELLA AURELIO

      

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