Uno spot, una storia: il fustino DASH

“Lava così bianco, che più bianco non si può!” E’ stato uno degli slogan pubblicitari più memorabili di sempre. Anche se negli ultimi anni non si sente più da nessuna parte. Non solo lo slogan è sparito, ma anche il fustino con il detersivo dentro, quello rotondo, sostituito negli ultimi venti anni da altre confezioni per pulire la biancheria.  

 Negli anni ’60 quando l’azienda Dash arrivò in Italia dagli Stati Uniti, ancora non esistevano le agenzie pubblicitarie, ma gli slogan e tutto ciò che girava intorno ad un nuovo prodotto da immettere sul mercato, veniva tutto organizzato in poco tempo. Senza i vari sondaggi di opinione così come vengono fatti negli ultimi anni, quando, per sondare l’opinione dei consumatori, il prodotto viene regalato e fatto “assaggiare”. Così come per gli spot prima di essere trasmessi in tv o essere pubblicati sui giornali.    

Il fustino del detersivo Dash viene ricordato soprattutto per una pubblicità che è durata in tv qualcosa come quasi 30 anni!! e non sono pochi. Sempre la stessa pubblicità. Considerando che la concorrenza, in fatto di prodotti per la pulizia come i detersivi, è spietata, con la presenza sul mercato di centinaia di prodotti. Nella foto vediamo la versione fotoromanzo della reclame della Dash con l’attore Paolo Ferrari che cerca di convincere una signora a scambiare il suo Dash con due fustini di un detersivo anonimo.    

Naturalmente la signora (un’attrice) non è consenziente allo scambio, e si tiene stretto il fustino di marca. Da notare le smorfie degli attori che cercano di replicare la recitazione vera e propria dello spot televisivo. Il “convincimento sulla carta stampata” è meno coinvolgente di quello in tv: lo spot è più convincente. E sembra che i primi spot televisivi fossero veri, nel senso che le donne intervistate dall’attore fossero vere casalinghe riprese con il metodo “candid camera” (telecamere nascoste), e anche queste non mollavano il fustino.     

Il fustino della Dash ha dietro tutta una storia (ma anche dentro…): una volta che il detersivo finiva, veniva usato come contenitore di giocattoli, il coperchio di cartone duro si lanciava come freesby, oppure il fustino  veniva usato come… portaombrelli(!?), lì dentro si potevano nascondere anche piccoli oggetti di valore: chi poteva mai pensare di trovarci delle catenine o anelli d’oro?, oppure poteva diventare un tamburo per i più piccoli, alcuni commercianti che vendevano figurine lì dentro facevano buttare le bustine appena aperte, poteva diventare una specie di piedistallo per piccoli alberi di Natale dopo averlo coperto con carta natalizia.        

Il detersivo era di colore bianco con degli spruzzi di polverina di colore azzurro, che dava il caratteristico odore al bucato (se qualcuno lo  vedesse adesso lo potrebbe scambiare… per uranio impoverito), dentro il fustino c’era una paletta trasparente che serviva per dosare la quantità giusta da mettere in lavatrice. La forma rotonda del fustino rimase fino al  1982 quando venne immesso sul mercato il fustino a parallelepipedo: occupava meno spazio. E da quel momento il nuovo formato del fustino Dash non riuscì a far nascere nuove idee su come sfruttarlo una volta esaurito il detersivo.      

Nel tempo anche i fustini hanno “dato fastidio” occupando il loro spazio naturale. Nelle nostre case stiamo eliminando tutto il superfluo: basta vedere cosa viene buttato nell’immondizia tutti i giorni, e ci teniamo stretto tutto ciò che possa essere conservato, come i nostri ricordi, in poco spazio: nei telefonini e computer. Ma sono memorie soprattutto visive con poca sostanza. Non possiamo incolpare nessuno (sempre se fosse una colpa)

E’ il tempo che decide ciò che è utile da ciò che non lo è. E sul tempo è difficile discutere…

Mario Ciro Ciavarella Aurelio 

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