Un film, una storia: “Via Castellana Bandiera”
Vedere questo film per me è stato un piccolo trauma: è claustrofobico al contrario!! Sembra un unico piano sequenza dove l’intera storia si svolge in una strada molto stretta che non dà nessuna possibilità, da parte di nessuno, di sorpassare o chiedere la precedenza. È un road movie al contrario: le auto sono ferme per quasi l’intero film!! E sono ferme per un giorno intero: nessuna delle due donne al volante delle rispettive auto vuole cedere il passo all’altra.
Un duello senza pistole, ma con in mano il volante delle auto. E il freno a mano sempre tirato. L’acceleratore non si usa mai in questa scena/film: è fermo lì e guai a chi cede per prima. In una tipica domenica pomeriggio a Palermo si incrociano le vite di Rosa, alla guida di una Multipla; e di Samira al volante di una Punto.
Muso contro muso, o meglio paraurti contro paraurti, e loro, le donne, che si scrutano per vedere chi vince questo duello al sole. Chiuse dentro le loro auto si fronteggiano e si “violentano” con sguardi sempre più cruenti: è una sfida tutta al femminile! Le due “pistolere” non scendono dalle auto nemmeno per bere o mangiare, niente di niente.
In “Via Castellana Bandiera” (2003) di Emma Dante, l’attrice che mette “paura” è Elena Cotta (Samira): straordinaria!!! Non c’è nient’altro da aggiungere. Una granitica presenza che da sola riempie la scena, un personaggio muto, indisponente, vuole vincere quella sfida solo con il pensiero, in maniera telepatica: convincere l’avversaria a fare retromarcia!
È come se questa storia non avesse una trama precisa: come molte vite! Non ci sarà alla fine una vincitrice (non vi dico come finisce), ma solo la vittoria del destino delle due. È lui che ha deciso per loro. Nemmeno gli uomini lì presenti riusciranno a districare quella vicenda assurda: le due donne si chiudono dentro le loro auto e non vogliono intermediari!
Sembra che nel film il mondo sia femmina: gli uomini sono arrivati dopo. Femmina come la Natura, la Dea Madre, la Vita, la Morte, la Terra. Un universo fatto da un solo genere, senza “contorni”. Bravissima la regista a riprendere il tutto da dentro le due auto, in soggettiva e non, e poi il budello nel quale si sono quasi incastrate le due automobili è realmente stretto: eppure è riuscita a fare delle riprese molto convincenti.
Anche quando Samira scende di notte dall’auto per urinare per poi rimettersi di nuovo dentro: è una scena sconvolgente e tenera nello stesso tempo. Mai visto un film del genere. Se l’avessero fatto gli americani chissà quanti premi avrebbero preso. Ma forse loro non sono nemmeno riusciti a pensarlo: spesso convincono facilmente, senza sfide…
Mario Ciro Ciavarella Aurelio