Tu chiamami se vuoi… “influencer”

di Mario Ciro CIAVARELLA AURELIO

Era meglio quando non c’era internet. Ognuno aveva più o meno un’idea sul mondo nel quale viviamo. Adesso di idee ce ne sono troppe e spesso contraddittorie, che molto aggiungono (in senso quantitativo) a quello che già sappiamo, ma anche con tante postille che ci rendono difficile quello che vogliamo realmente sapere per poi spiegarlo agli altri.

Basta restare per qualche minuto su facebook, che la stessa notizia viene commentata in almeno dieci modi diversi da decine di opinionisti da tastiera. Senza contare i vari sondaggi che ci vengono propinati sempre su internet: spesso alcuni sono contraddittori, soprattutto quando si parla di politica.

Il modo di essere informati ci sta scappando di mano, con conseguenze catastrofiche: sappiamo tutto e non sappiamo niente!! Informati e disinformati allo stesso tempo. Idee su idee, ipotesi e commenti che ci arrivano addosso senza volerlo, non facendoci rendere conto che stiamo smarrendo la retta via, come provetti Dante che raminghi si trascinano lungo le strade impervie di una società futura che da alcuni anni stiamo costruendo. Influenzandoci a vicenda.

È questo il bello (e il brutto) del web: io voglio convincere te, e tu cerchi di fare lo stesso nei miei confronti. E per dirla in modo più virtuale possibile: io sono più “influencer” di te!! Io sono seguito da almeno 100 facebookiani, e se la mattina scrivo “Buongiorno”, almeno 249 amici che ho dei 568, mi rispondono!!

Ci siano ridotti così!!! E chi ce lo doveva dire?? A proposito di premonizioni: non è che per caso Nostradamus nelle sue Centurie avesse parlato di “populus influencer” o di qualcosa del genere?? Se non ha previsto internet, non avrà previsto nemmeno facebook, e di conseguenza non avrà previsto nemmeno gli opinionisti web. E allora l’indovino francese non ha previsto proprio nulla: era facile “prevedere” guerre, pestilenze, re rovesciati da rivoluzioni. Ma caro Michel de Nostredame, se non hai previsto gli “influencer”, e allora non hai previsto proprio niente!!

Gli “influencer” di ieri non hanno nulla da invidiare a quelli di oggi, i “convincitori” della nostra infanzia: gli amici più grandi!! Che ci convincevano di tifare per quella squadra di calcio, poiché loro tifavano proprio per quella squadra. E noi sulla fiducia tifavamo per la squadra dell’amico più grande che avevamo. Non ci sono più gli “influencer” di una volta…

Quando ero piccolo tifavo per l’Inter, infatti un mio amico di strada più grande di me tifava per quella squadra. Invece un mio coetaneo tifava per li Milan, poichè un suo cugino più grande tifava per quella squadra. Ma era tutta un’altra storia: ti convincevano facendoti vedere “sul campo” come giocavano Rivera o Mazzola, era un convincimento fatto più di gesti atletici che di chiacchiere.

Lo stesso dicasi per come comportarsi in chiesa: dipendeva sempre da un amico più grande, a volte dai fratelli, ma si ascoltavano di più “le ingerenze amichevoli”. Se avevi un amico “molto credente”, facilmente anche tu ti facevi convincere a credere. Viceversa, se avevi un amico con qualche dubbio, a te i dubbi triplicavano!! Non ci sono più i dubbi di una volta…

I primi approcci con le ragazze: idem come sopra. Dipendeva da che tipo di amico ti influenzava su come prendere iniziative con l’altro sesso. Non ci sono più gli approcci di una volta…

Stiamo vivendo in una strana società che sta perdendo molto del suo “lato storico” della nostra esistenza. E questo problema è stato generato proprio da internet e da tutto ciò che poi ne è derivato, soprattutto da facebook. Perché è lì il “problema” degli influencer per gli adolescenti, noi adulti ci facciamo caso solo per l’aspetto sociologico del “problema”. Ed è un discorso soprattutto antropologico, quello di seguire i suggerimenti via web degli altri.

Lo scrittore Alessandro Baricco ha pubblicato l’anno scorso il libro “The Game”, dove scrive: “Quella che stiamo vivendo non è solo una rivoluzione tecnologica fatta di nuovi oggetti, ma il risultato di un’insurrezione mentale. Chi l’ha innescata – dai pionieri di Internet all’inventore dell’iPhone – non aveva in mente un progetto preciso se non questo, affascinante e selvaggio: rendere impossibile la ripetizione di una tragedia come quella del Novecento”.

E “The Game” parla anche di questo: di come ci stiamo influenzando a vicenda, non riuscendo più a capire che quello in cui viviamo sta diventando “Un Gioco” dal quale non riusciamo a venirne a capo. Ci stiamo tutti dentro e non ne usciremo mai più!! Una tragedia più grande di questa…

A proposito: lasciate perdere i commenti degli altri sui post di facebook, anzi non leggeteli proprio. Io non li leggo e se per caso lo faccio… cancello l’amico.

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